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Muñoz - Hombre di China
[9788886991636]
14,00EUR
Hazard Edizioni
Muñoz - Hombre di China
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Muñoz - Hombre di China - Hazard Edizioni 2001

Un excursus attraverso le immagini del Maestro José Muñoz

1° edizione

Libro brossurato di 112 pagine a colori e bianco e nero

Libro in ottime condizioni come da foto

Josè Muñoz
Hombre di China
Il volume ripercorre la singolare esperienza artistica di Muñoz in quasi quarant’anni di attività di ricerca nel campo del fumetto d’autore e dell’illustrazione contemporanea.
Arricchito dai testi introduttivi di autorevoli esponenti dell’illustrazione, come Lorenzo Mattotti, o della critica, quali Goffredo Fofi e Bruno Canard, il catalogo attinge da un centinaio di tavole in bianco e nero e da decine di acquarelli e disegni a colori.
«Credo sia sempre così: quando riflettiamo su qualcuno che è parte viva della nostra storia i pensieri si spezzano, si sovrappongono, si perdono... poi, magari e all’improvviso, si ricollegano in uno squarcio visivo. José Muñoz e il suo lavoro sono, per Mattotti, un pensiero forte, emozionante. Per questo le parole che ha trovato per raccontarlo ogni tanto si smarriscono. Si incrina, a tratti, la voce quando si parla di qualcosa che si ha nel cuore....
Fu Ravoni, direttore dell’agenzia milanese Quipos di cui facevo al tempo parte, a farmi vedere per la prima volta i lavori di Muñoz. Erano gli anni Settanta. All’inizio non ne fui particolarmente colpito. Ci rivedevo delle cose di Pratt e poi mi pareva freddo, un po’ da manuale, anche se alcuni elementi, e soprattutto la descrizione degli oggetti, erano decisamente interessanti... E siccome Ravoni diceva che erano bravissimi ("erano" perché parlava anche di Sampayo, naturalmente), cominciai a seguire il loro lavoro. Più il disegno che le storie e con un’attenzione particolare per quel modo di trattare gli oggetti, appunto. Le descrizioni così particolareggiate, per esempio i graffiti sui telefoni. Insomma, Muñoz inseriva piano piano nelle storie sprazzi di realtà... Veniva dalla scuola di Pratt e Breccia, entrambi in qualche modo simbolisti: Pratt per aver scelto il mondo dell’avventura e dell’esotico, Breccia perché sempre al lavoro sul metafisico... Per entrambi a soggetto un mondo lontano... Muñoz, invece, raccontava storie che erano legate all’America, Chandler e così via, ma le inseriva decisamente nella realtà che stava vivendo. E incominciai ad apprezzare il suo lavoro...
La sua prima storia, Il caso Webster, pur raccontata con quel suo segno preciso, così incisivo e descrittivo, e con colpi di dinamismo molto forti, non mi parve eccezionale. Mi pareva di trovarmi di fronte a un bravo disegnatore poliziesco e basta. Ma le cose cambiavano nella prima tavola de Il caso Fillmore. Vi si vede il personaggio circondato da riferimenti alla sua quotidianità: le cicche, le camel, l’orologio... Lui si sveglia, si alza, si accende una sigaretta e va a pisciare: una rivoluzione! La quotidianità che entra in un serial a fumetti! Prima di lui non lo aveva fatto nessuno. A quei tempi c’erano da una parte il fumetto Underground, che raccontava scopate, pisciate e simili in maniera estremamente libera, e dall’altra il fumetto seriale d’avventura, il classico, un personaggio e le sue storie. Due mondi che non si toccavano. La grandezza di Muñoz, e di Sampayo naturalmente, è stata quella di mettere in un fumetto d’avventura seriale elementi di vita quotidiana. Questi elementi hanno poi progressivamente cambiato la realtà del personaggio, cambiando il concetto stesso di serialità. Sia a livello di storie sia a livello di segno. Alack Sinner, nato come detective classico un po’ alla Steve McQueen, si è "personalizzato", e in questo processo anche il segno ha cominciato a muoversi, a diventare più nervoso, i diversi personaggi hanno preso più spazio, si è modificata la presenza del nero... Su una base di descrittività estremamente precisa, e nella continuità del personaggio, c’è stato un cambiamento continuo. Grazie ai due autori argentini è cambiata completamente l’idea di serialità, si è modificata la struttura della narrazione. Partiti dal classico poliziesco essi sono arrivati, ad esempio nelle ultime storie del Bar, quasi a delle "non storie", cioè a storie incrociate nelle quali il personaggio è solo un testimone e la struttura è quasi alla Altman... un lavoro enorme!
Gli autori che hanno, in modi diversi, rivoluzionato il fumetto dando un apporto enorme a tutto quello che sarebbe accaduto dopo, sono stati Moebius da una parte e Muñoz (e Sampayo naturalmente) dall’altra. Il primo perché ha distrutto l’idea della serialità creando uno spazio libero al sogno, alla narrazione senza testo. Moebius ha distrutto l’idea di impostazione della pagina per portare le storie quasi alla struttura del linguaggio automatico. Gli altri hanno invece inserito, nella struttura, elementi che prima non ne facevano parte. E hanno probabilmente fatto un lavoro molto più grosso e molto più importante loro. Comunque, non si può raccontare la storia del fumetto europeo senza passare per questi tre nomi.
Nelle storie di Muñoz e Sampayo si ritrovano aspetti della loro vita quotidiana: la stanza dove abitavano, i loro amici, i personaggi che si incontravano nelle strade delle città che hanno abitato. L’aspetto soggettivo è sempre stato così forte, nel lavoro di questi autori, che ad un certo punto decisero di mettere se stessi dentro la storia, di andare quasi a far visita al loro personaggio: accade in La vita non è un fumetto, Baby che poi io ho citato come fosse il titolo di una canzone in Incidenti, perché mi aveva colpito tantissimo. Così, raccontando la propria storia all’interno di un mito, nel mito, in quello americano ovviamente, hanno saputo entrare... E appropriandosene sono quasi riusciti a creare una mitologia della propria realtà...
Con il suo lavoro Muñoz apre finestre. Il disegno non si limita ad essere funzionale alla trama, ma lancia costantemente altri messaggi. Ogni vignetta è una finestra sul mondo che circonda questa trama, e le dà aria, vita. Ed è una vita legata alla vita personale di Muñoz, ai suoi pensieri, ai suoi sogni. Così i personaggi si distorcono in un segno espressionista. Arrivando ad immagini in cui, ad esempio, il segno "trema" perché trema di paura l’animo del protagonista. Questo è accaduto sempre più spesso con l’andare degli anni e in particolare nelle occasioni in cui Muñoz è diventato sceneggiatore di se stesso, o quando nelle storie c’erano momenti di sogno, e Carlos gli dava spazio. E’ importante ricordare che dietro un segno c’è una vita, c’è tutto un modo di sentire le cose... bisogna dirlo perché ormai la gente non pensa più cosa voglia dire disegnare un’immagine...
Il rapporto tra la soggettività debordante e il bisogno di raccontare una trama è stato il problema del fumetto degli anni settanta che usciva dalla serialità. A partire da lì ogni disegnatore ha dovuto scegliere il proprio rapporto con la soggettività... Nel lavoro di Muñoz il giallo non era più giallo perché ci erano entrati passato, personaggi secondari con le loro storie, incubi personali... Tutte nuove finestre... Mentre il nero inizialmente serviva a definire l’immagine, nel tempo è diventato proprio l’elemento che l’ha distrutta. Nelle tavole a matita di José la definizione degli oggetti è incredibile; poi l’inchiostratura le cambia radicalmente. Di un portacenere rimane solo la cicca e il resto è nero, di una libreria rimane solo l’ombra dei libri... eppure si riesce a vedere tutta l’immagine. Muñoz usa dunque il nero per tirar fuori l’essenza di una sensazione.
Importantissima, nel lavoro di José, è l’organizzazione delle tavole. All’inizio era classica, all’americana... erano gli anni dei primi film di Scorsese, come Taxi Driver, tutto il cinema americano degli anni Settanta, Sinner trasuda di questo, quasi lo anticipa... mi ricordo che quando andavamo a vedere i film americani si diceva "Ecco, questo è il regista che potrebbe filmare Sinner nella maniera giusta". E c’era, prima, tutta la tradizione del film americano, John Huston, Giungla d’asfalto, il bianco e nero che poi Muñoz riprese... La maniera di mettere in pagina era dunque da una parte quasi classica, i tagli cinematografici eccetera, dall’altra però era caotica... Un’organizzazione di fondo molto forte, che poi il bianco e nero distrugge. Sono sempre pagine molto dense e anche se questa densità può creare problemi di lettura della trama, certamente definisce molto bene il mondo che Muñoz racconta e che è la sua vera trama. Le storie non sono in fondo che una scusa per raccontare un mondo...
Per Muñoz e Sampayo fare fumetti non è mai stato un mestiere, bensì un filtro della realtà. Una vocazione, un’attività che riconosce un preciso senso etico... una sorta di missione. Il fumetto come portatore di contenuti o di contraddizioni in cui loro credevano fermamente. Il loro lavoro come testimonianza di una realtà... vivevano questo con grande convinzione. Quella in cui li ho conosciuti è stata una delle epoche d’oro del fumetto, in cui il fumetto era un linguaggio con la stessa dignità del cinema o della letteratura. Per Muñoz è rimasta una missione, sebbene il fumetto non dia certo grandi soddisfazioni...
I due elementi fondamentali del lavoro di José sono probabilmente l’idea di cambiamento e la tensione alla positività, la spinta ad uscire dall’inferno simboleggiato dalla città di Alack Sinner... Ricordo una delle immagini di Muñoz che più mi commossero, una delle storie del bar... vi si vede un vecchio disegnatore che forse, non ricordo i dettagli, ha davanti le sue tavole... è un’immagine di dolcezza assoluta, ma dietro a quell’immagine c’è una storia sofferta. Mi parve (e mi pare) una conquista incredibile... Guardarla mi regalò uno di quei rari momenti in cui sento che forse vale la pena di fare questo mestiere...»
Pagine
112, colore e b/n
Formato
25 x 28 cm
Finitura
brossura con alette
cucitura a filo refe testo bilingue italiano-francese
Prezzo 20,66 €
Genere
catalogo della mostra in programma a Napoli, Castel Sant’Elmo
dal 14 giugno al 15 luglio 2001

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